Valutare nella scuola dell’infanzia?

Per una valutazione mite

nella scuola dell’infanzia

La valutazione formativa

La valutazione all’interno di qualsiasi processo di educazione/

istruzione è un’operazione ineludibile. Fa parte integrante del

processo stesso perché orienta la progettazione.

Risponde infatti alle domande: dove voglio andare? Ed inoltre:

come desidero accompagnare le bambine e i bambini e verso

cosa? In questo modo, rispondendo a tali domande, esplicite o

implicite, la valutazione suggerisce la rilevazione e il monitoraggio

dei progressi o meno degli allievi nel corso del processo educativo,

verifica la coerenza degli stimoli e la continuità o

suggerisce una riprogettazione. Si impegna inoltre a rilevare

punti di forza o punti critici del modello già adottato, controlla

la sua adeguatezza ed è alla base del processo di miglioramento.

Qualsiasi proposito di miglioramento infatti non può che scaturire

da una valutazione che è valorizzazione di tutti i soggetti,

lettura da più punti di vista del procedere dell’esperienza rilevando

i processi sia individuali che di gruppo (a volte non considerati

nella loro incidenza sui percorsi).

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Il concetto di valutazione, soprattutto nella sua accezione formativa, è stato affrontato

in modo molto analitico dal Forum in un documento precedente, al quale

rinviamo (forumscuolaveneto.wordpress.com). Sono state sottolineate le necessarie

ed ineludibili competenze dei docenti per poterne incarnare effettivamente le

caratteristiche. Ricordiamo fra queste la competenza di saper autointerrogarsi in

caso di insuccesso formativo, operazione a dire il vero un po’ difficile da applicarsi

e non molto considerata perché preludio spesso ad un certo disorientamento professionale.

Proprio per questo però è indispensabile che avvenga: per rilevare la

congruenza o meno della propria strategia didattico-metodologica. L’altra competenza

richiesta è quella dell’autovalutazione per il necessario autoaggiustamento.

In altri termini il docente che verifica di non essere in grado di recuperare una didattica

più operativa e laboratoriale, all’interno delle sue risorse professionali, si

inoltrerà verso una valutazione rivolta a se stesso e procederà, o dovrebbe procedere,

ad un cambio di rotta migliorativo definito auto aggiustamento, ricorrendo

all’aiuto della comunità di pratica o cercando indicazioni e sostegno nell’editoria

specialistica o sollecitando formazione idonea. Si tratta di un cambio di prospettiva

senza il quale sarebbe improprio parlare di valutazione formativa.

Desideriamo a questo punto aggiungere un’ulteriore riflessione. Quando la situazione

scolastica e valutativa diventa ansiogena e intollerabile per l’insegnante,

per frequenti casi di insuccesso formativo, facilmente nel sistema della scuola appare

una logica semplificante e primitiva: la logica della “colpa”. Colpa dell’ordine

di scuola precedente, colpa del contesto di provenienza, colpa della famiglia,

colpa…La colpa infatti è il tipo di pensiero più implicitamente richiesto dalle istituzioni,

in generale, dove ufficialmente si sollecitano, ma non si favoriscono, ambiti

di condivisione e di “pensiero”. Invece da questi ambiti dovrebbe scaturire il

passaggio dalla colpa all’assunzione di responsabilità individuale e collettiva.

La valutazione formativa cambia il focus: dal soggetto valutato al docente valutatore.

Non è cosa da poco, soprattutto negli altri ordini di scuola.

Alla scuola dell’infanzia

Alla scuola dell’infanzia la valutazione formativa, come esplicitano le Indicazioni

Nazionali, è l’unica forma legittimata. Leggiamo infatti verso la fine del paragrafo

intitolato ”L’ambiente di apprendimento”: “L’attività di valutazione nella scuola

dell’infanzia risponde ad una funzione di carattere formativo, che riconosce, accompagna,

descrive e documenta i processi di crescita, evita di classificare e giudicare

le prestazioni dei bambini, perché è orientata a esplorare e incoraggiare lo

sviluppo di tutte le loro potenzialità

Parafrasando l’elogio della mitezza di cui Bobbio a suo tempo ha voluto in modo

così pregnante renderci partecipi, possiamo affermare che la valutazione alla

scuola dell’infanzia allora deve essere non solo formativa ma particolarmente

“mite”.

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La sua applicazione pratica infatti dovrebbe essere, soprattutto oggi, la conseguenza

di un attento e peculiare ripensamento a partire dall’analisi del RAV. Applicare

il rapporto di autovalutazione alla scuola dell’infanzia non è ancora

obbligatorio. Sappiamo che sarà sperimentale ancora per un anno scolastico ma

molte scuole si sono già cimentate in questa operazione ricavandone spunti interessanti

e fermentativi ai fini del miglioramento. Tutto ciò perché al suo interno

si sollecita un’autovalutazione della scuola in un’ottica di promozione di atteggiamenti

riflessivi, assunzione di responsabilità, orientamento al miglioramento e

all’innovazione.

La competenza osservativa

Il primo atteggiamento riflessivo, non solo nei confronti della scuola ma anche

dei soggetti che la abitano, vale a dire in questo caso dei bambini e della bambine,

parte dall’osservazione. Non si dirà mai abbastanza della peculiarità e dell’importanza

di tale operazione altamente professionale. Dall’osservazione, definita

attenta e partecipata, scaturiscono infatti tutti gli spunti valutativi più utili alla didattica

quotidiana. A tale proposito leggiamo sempre nelle Indicazioni “L’osservazione,

nelle sue diverse modalità, rappresenta uno strumento fondamentale per

conoscere e accompagnare il bambino in tutte le sue dimensioni di sviluppo, empatia

e rassicurazione, rispettandone l’originalità, l’unicità, le potenzialità attraverso

un atteggiamento di ascolto, empatia e rassicurazione”.

L’insegnante infatti dovrebbe utilizzare un’osservazione mirata al fine di cogliere

alcuni aspetti fondamentali desunti dai diversi linguaggi, soprattutto attraverso

quello del corpo. Tra questi il livello di dipendenza o meno dall’adulto, l’interazione

del bambino con i pari, l’inserimento naturale o difficoltoso nel gruppo,

tutta una serie di indicatori di naturalezza o disagio da parte dei vari bambini fin

dal momento del loro affacciarsi alla scuola dell’infanzia. Il riferimento è alla professionalità

peculiare del docente della scuola dell’infanzia che a questo viene

preparato durante la formazione iniziale. L’esperienza poi aiuta moltissimo tanto

che, ad un certo punto, bastano alcuni giorni per orientare il corpo docente nell’individuazione

di questi aspetti e di conseguenza nel progettare i primi interventi

necessari. L’attenta e continua osservazione però deve essere un tratto costitutivo

del modus operandi di ogni docente in ogni momento. Sarebbe quasi meglio chiamare

questa attività “sguardo osservante”. L’insegnante infatti è dentro alla situazione

e l’osservazione (tranne nel caso della compresenza), avviene mentre si vive

la relazione educativa. Ma osservare è diverso dal guardare. L’atto del guardare è

spontaneo, immediato, generico, non selettivo. L’atto dell’osservare invece, come

sottolinea bene Susanna Mantovani, si configura come una forma di rilevazione

finalizzata all’esplorazione di un determinato fenomeno per cui è un “processo

cognitivo, non solo percettivo.” Diventa con il tempo quasi un’abitudine preziosissima.

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Competenza osservativa e pregiudizi

Una buona osservazione deve poggiare sulla consapevolezza che durante l’osservazione

dobbiamo imparare ad osservare noi stessi per cogliere “come guardiamo

ed ascoltiamo” perché in genere tendiamo a rilevare il già noto e qualche

volta trascuriamo l’imprevisto, (fra l’altro molto importante per il processo di incoraggiamento

che vedremo più avanti). Questa abitudine diventa distorcente e

ci porta a confermare le nostre ipotesi: in fondo siamo tutti portatori di pregiudizi.

Per questo dobbiamo imparare a descrivere ciò che vediamo, non azzardare aggettivi

che spesso preludono o già affermano “giudizi”. Dobbiamo sempre ricostruire

le aspettative nei confronti dei bambini ed essere pronte/i ad interagire. Nel

mercato sono disponibili degli schedari adottati nelle scuole per osservare i bambini.

Secondo noi, senza demonizzare tali materiali, questi potrebbero essere utili

strumenti non per crocettare la presenza o assenza di determinati comportamenti

per ogni bambino ma come “guida” per evitare di osservare solo il già noto. Possono

infatti aiutare a far uscire dallo sfondo un comportamento che altrimenti rimarrebbe

senza un gran significato. Possono aiutare a cogliere il senso di un gesto,

di una reazione emotiva, di una esitazione, di un orientamento verso uno stile cognitivo

al posto di un altro. Possono aiutare a prendere in considerazione alcune

semplici e magari trascurabili abilità considerate però indispensabili all’acquisizione

di altre più complesse. Un progetto di osservazione va co-costruito dai/le

docenti: chi osserva, quali aspetti, quando, come, quali momenti selezionare…

come incrociare le osservazioni. Spesso uno sguardo diverso dal nostro può contribuire

a smontare un pre-giudizio.

Aldilà del progetto però rimane essenziale la capacità di farsi stupire tutti i giorni

e in tutti i momenti per cogliere aspetti inattesi e non selezionati a priori.

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La zona di sviluppo prossimale o potenziale

Ciò su cui intendiamo però proporre un’attenzione più mirata è la valutazione intesa

come intervento nella zona di sviluppo prossimale. Il riferimento è naturalmente

a L.S. Vygotskij e alla sua intuizione formidabile che la scuola ha senso se

interviene sulla differenza tra una abilità o competenza già padroneggiata ed una

nuova che si sta affacciando o che è in via di consolidamento, per agevolarne il

raggiungimento.

In tutti gli ordini di scuola e per tutti i soggetti questa azione di scaffolding dovrebbe

avvenire ma nella scuola dell’infanzia diventa quasi più naturale. I bambini

infatti sono così evidentemente in evoluzione continua e “galoppante” che gli interventi

per una crescita facilitata, scevra però da sollecitazioni precocistiche, sono

all’ordine del giorno. L’intervento in questi casi avviene in tempo reale, conseguente

all’osservazione, nell’immediatezza della rilevazione valutativa della potenzialità

rilevata.

Questo in fondo fanno le brave insegnanti applicando il dettato normativo sempre

desunto dalle Indicazioni che ribadiscono che la competenza nasce dalla “riflessione

sull’esperienza”. Ecco le parole magiche: riflessione ed esperienza. Ritornando

alla valutazione: osservare i bambini mentre sono invitati a “fare

esperienza” (didattica del fare) e quando sono invitati a “riflettere sull’esperienza”

(imparare a pensare) e far scaturire da ciò il livello di miglioramento da sollecitare.

Questa è l’essenza della co-costruzione della conoscenza e della sua valutazione

in itinere. La valutazione in questo modo non è mai fine a se stessa ma è sempre

in funzione dell’evoluzione di ogni bambino in interazione con gli altri e risulta

essere incentivo alla motivazione. Viene così sollecitata la modalità di apprendere,

considerata oggi la più pregnante, coltivata in comunità sociali che valorizzano il

pensiero e il giudizio indipendente (Bondioli, Savio, Rivista dell’Istruzione, n.

6/2015).

Oggi infatti in una scuola che, alla luce della digitalizzazione diffusa, dovrebbe

ritrovare la sua ragione d’essere non più nelle “risposte esatte” ma nella competenza

del saper pensare e saper comprendere profondamente e in modo significativo

(Bondioli, Savio cit.) questa partenza dalla scuola dell’infanzia diventa

essenziale.

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Valutazione mite

Per valutazione mite si intende appunto una valutazione che non etichetta, non

semplifica, non si appoggia a verifiche o a strumenti osservativi preconfezionati da

utilizzare a mo’ di schede individuali su cui affannarsi a mettere crocette per la presenza

o assenza di determinate abilità ricavandone quasi un documento di misurazione

sommativa . Rispetto a queste consuetudini esistono diverse scuole di pensiero

e soprattutto diverse utilizzazioni pratiche all’interno delle varie sezioni e plessi scolastici.

Per valutazione mite si intende l’eventuale rilevazione dell’inibizione o della difficoltà

o della lenta esecuzione di una determinata attività non per sanzionarla o

rilevarla a fini variamente comunicativi all’esterno, oppure statistici, ma per dare

voce alla richiesta implicita di aiuto in modo che in tempo reale l’insegnante sappia

trovare la strategia adatta a far evolvere la situazione.

All’interno della valutazione mite non si cerca di rilevare solo le difficoltà ma

anche i diversi stili cognitivi, i talenti emergenti, le attitudini. Raccomanda la

prof.ssa Bondioli che una valutazione che guardi soprattutto a sostenere la motivazione

intrinseca all’apprendimento deve avvalersi prevalentemente di metodologie

osservative di tipo narrativo (portfolio, diari di bordo, documentazioni, ecc).

Questa è allora una valutazione realizzata per l’apprendimento e come apprendimento,

non degli apprendimenti.

Essa non poggia sulla rilevazione negativa della prestazione scadente ma sul processo

di incoraggiamento, pilastro essenziale del sostegno alla crescita e a qualsiasi

autentico ambiente di apprendimento. Abbiamo detto che ogni bambino ha

la sua zona di sviluppo prossimale ed ogni bambino deve essere incoraggiato a

migliorare.

L’intervento nella zona di sviluppo potenziale è di per sé incoraggiante.

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Il processo di incoraggiamento

Nel processo di incoraggiamento l’insegnante deve essere disponibile sempre ad

essere spiazzato da qualche atteggiamento o comportamento dei bambini, deve

essere disponibile alla sorpresa e alla meraviglia. È infatti dalla sorpresa rispetto a

piccole competenze inattese (che magari non appartengono al campo in quel momento

osservato), ai piccoli miglioramenti che improvvisamente appaiono che

sorge la fiducia che l’insegnante avverte, ed è in grado allora di trasmettere autenticamente

ai bambini. Fiducia nella loro crescita ed evoluzione, nel fatto che

qualsiasi difficoltà ed impaccio sono comunque reversibili. (es: ho visto sai come

hai saputo organizzare quel gioco in giardino ieri, sono sicura che tu ce la farai

ad affrontare anche questa attività…)

Rilevazione precoce delle difficoltà

Per la presa in carico tempestiva dei soggetti a rischio di Disturbo Specifico di Apprendimento

esiste però una scuola di pensiero che afferma essere importante la

loro individuazione precoce per l’attivazione di una serie di interventi mirati ad

affrontare per tempo tali difficoltà.

Preoccupazione nobile ed in linea con la finalità della scuola dell’infanzia di cercare

il più possibile di evitare che le diversità diventino disuguaglianze. Ci sembra

però che venga posta una eccessiva attenzione sulla prontezza a rispondere trascurando

le varie differenze ineludibili dei bambini, le loro cosiddette eterocronie.

Tale osservazione invita invece a porre una ulteriore cura nell’allestire stimolanti

ambienti di apprendimento che tengano conto della necessità di sviluppare tutte

le loro potenzialità. Ricordiamo alla fine a tale proposito come sia importante sollecitare

attraverso una poliedrica personalizzazione tutte le varie intelligenze “gardneriane”

per agganciare l’autostima e l’autoefficacia di tutti. Sono queste ultime

dimensioni il fermento che accende la motivazione all’apprendimento e risveglia

le curiosità infantili.

Ci rimangono degli ulteriori dubbi: riusciranno le insegnanti ad evitare di farsi

prendere dalla voglia di insegnare a leggere e a scrivere o almeno ad evitare di

calcare la mano su attività di prescrittura e prelettura per ottenere migliori risultati

ai test? Riusciranno i docenti della scuola primaria ad evitare l’effetto Pigmalione

una volta ricevute le segnalazioni?

Affidiamo alle scuole dell’infanzia queste riflessioni, convinti che una buona

scuola sia quella che si interroga, che riflette, che non è passiva difronte alle proposte

che arrivano, che assume le novità e gli strumenti per farne uso intelligente.

E convinti che tra le nostre insegnanti delle scuole dell’infanzia, statali e paritarie,

ci siano risorse professionali all’altezza della sfida della valutazione formativa.

Treviso, maggio 2018

FORUM VENETO DELLE ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI DELLA SCUOLA

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Per approfondire

Lev S. Vigotskij, Pensiero e linguaggio, Laterza, 2008

Bondioli, Savio, La valutazione degli esiti formativi nella scuola dell’infanzia, Rivista

dell’istruzione, n. 6, 2015

G.Wiggins,J.McTighe, Fare progettazione. La «teoria» di un percorso didattico per

la comprensione significativa, ed. Las, Roma,2004.

Colasanti A. R., Franta H., L’arte dell’incoraggiamento. Insegnamento e personalità

degli allievi, Carocci editore, Roma, 2009 (11.a edizione)

  1. Schon, Il professionista riflessivo, ed. Dedalo, 1999

Proposta di manifesto MCE

Proposta di STESURA DI Un manifesto sull’educazione linguistica

per una scuola inclusiva

 

Proponiamo la stesura, da parte del MCE, da condividere con insegnanti e associazioni, di un documento sull’educazione linguistica che ribadisca  la necessità di garantire il diritto di parola a tutti/e ed evidenzi l’importanza dell’educazione linguistica per costruire una scuola inclusiva.

Non un documento in polemica o in risposta a… ma un MANIFESTO che, pur ribadendo la necessità del confronto continuo e della ricerca, ponga alcuni punti fermi, ribadisca alcune scelte che ci sentiamo di proporre; un manifesto rivolto alle/agli insegnanti, ai genitori, ma anche a chi ha la responsabilità di predisporre le condizioni in cui la scuola opera: occupandosi di spazi, numero di alunni per classe, strumenti, formazione  dei docenti, biblioteche, offerte culturali dei territori, …

 

Perchè

-perché la formazione linguistica, base indispensabile per la partecipazione democratica, dovrebbe avere, a nostro avviso, un ruolo centrale nella scuola

-perché è utile condividere il punto di vista del MCE in quanto formato da insegnanti che  si confrontano con l’esperienza sul campo oltre che con la ricerca accademica e hanno costruito nel tempo  un patrimonio prezioso di riflessioni ed esperienze in diversi campi: primo apprendimento secondo il metodo naturale, educazione alla lettura, comprensione del testo, scrittura come comunicazione, educazione linguistica in contesti multiculturali, riflessione sulla lingua, nuovi orizzonti della comunicazione, …

-perché sul tema molto è stato detto e scritto recentemente, a sostegno di posizioni antitetiche, spesso in modo polemico, enfatizzando la lettura di esiti  negativi della formazione linguistica offerta dalla scuola a scapito dell’analisi ed elaborazione di proposte

-perché i rapidi cambiamenti del contesto sociale,  scolastico e comunicativo  esigono continue attente riflessioni e va continuamente ridefinita l’idea di lingua cui facciamo riferimento, l’idea di scuola, l’idea di società

-perché permangono nella scuola, o prendono piede, pratiche che non ottengono risultati soddisfacenti né in termini di efficacia né in termini di inclusione: didattica trasmissiva, enfasi sulla “grammatica”, gli esercizi, le schede, le griglie, ossessione valutativa, uso di libri di testo non adeguati, enfasi sulla rilevazione di inadeguatezze e carenze da trattare individualmente con interventi specialistici, …

-perché  la scuola che  offre una formazione linguistica non adeguata aumenta l’esclusione e le sofferenze ad essa legate

-perché un problema così importante e complesso ha bisogno di riflessione e confronto per evitare il rischio di letture superficiali e di “soluzioni” affrettate e semplicistiche

 

Su quali temi

-consapevolezza delle tante lingue presenti in classe, da valorizzare e far interagire e della pluralità e complessità delle capacità linguistiche di ciascuno/a e del gruppo

-cura attenta del momento del primo apprendimento della letto-scrittura

-assunzione della responsabilità dell’educazione linguistica, diritto costituzionale di tutti/e,  da parte di tutte/i le/gli insegnanti

-cura del contesto e delle relazioni come presupposto indispensabile per educare alla parola

-confronto con le prospettive positive offerte dalle  Indicazioni Nazionali

-consapevolezza dell’importanza, nella formazione linguistica,  delle condizioni personali, del contesto familiare e sociale, dell’acquisizione o meno di capacità concettuali e simboliche; dell’assurdità, di conseguenza, dell’enfasi valutativa, in questo campo più che in altri (sarebbe come premiare la buona salute e sanzionare la salute cagionevole)

-considerare la lingua non un oggetto dato ma un corpo vivo e in movimento su cui insegnanti e alunni/e  possono esercitare una continua ricerca

-dare spazio alla lingua parlata, al dialogo, a una grande varietà di scritture, alla scrittura collettiva, alla narrazione (in alternativa allo spazio eccessivo dato spesso alla grammatica che cela, a volte, la fuga verso attività che sembrano più facilmente gestibili)

-offrire l’esperienza della bellezza  legata, in tutte le culture, alla produzione di opere fatte di parole

-rinunciare all’idea di un insegnamento lineare (dai singoli elementi al tutto, dal facile al difficile) assumendo l’idea della circolarità e complessità, dell’importanza di confrontarsi sempre con contesti (e testi) significativi

– …       altri temi che potranno emergere dal confronto in un gruppo di lavoro che potrebbe redigere una prima bozza da modificare e integrare con l’apporto di chi volesse intervenire

 

Movimento di Cooperazione Educativa

 

 

 

 

 

Cosa c’é nella lingua

LINGUA E’….

“Possiamo fare passi avanti sulla via antica della comprensione reciproca e della comprensione e intelligenza del mondo. Purché chi guarda in fondo al linguaggio vi scorga la necessità che esso, se non vuole limitare la sua stessa funzione, si faccia esso stesso educazione alla parola in tutte le sue potenzialità.”

Tullio De Mauro

MODELLO DI LINGUA

La materia della linguistica è costituita anzitutto dalla totalità delle manifestazioni del linguaggio umano, tenendo conto non solo del linguaggio corretto e della ‘buona lingua’, ma delle espressioni d’ogni forma….il linguaggio ha un lato individuale e un lato sociale, e non si può concepire l’uno senza l’altro. La lingua è un sistema di segni esprimenti delle idee…[1]  Non esiste un ‘modello’ di lingua ma una varietà di studi  proposte  di descrizione  e  analisi delle strutture del linguaggio ( ‘Ci sono tante grammatiche quanti sono i grammatici, e anche di più[2]). Esistono però teorie del linguaggio che attribuiscono maggior pregnanza e rilievo a certi fatti e fenomeni rispetto ad altri. Si tratta, per la scuola, di scegliere consapevolmente una prospettiva.

Seguiamo  una  prospettiva dinamica e non statica, evolutiva e sistemica.

‘Le lamentele sulle scorrettezze ortografiche hanno alla base un’idea che la capacìtà di una corretta grafia sia semplice e basilare in rapporto ad altre capacità linguistiche. Chi dice: “I miei alunni non sanno nemmeno scrivere ‘egli ha’ con acca, per cui è inutile parlare di cose più complesse” ha in testa un modello della lingua e del suo funzionamento che è il seguente: una lingua è un insieme di frasi.  Le frasi sono fatte di parole. Le parole sono fatte da lettere. In base a questo modello, le lettere e le regole ortografiche sono viste come gli elementi primi di una lingua. L’acquisizione di tali elementi è alla base di ogni altra acquisizione….Il primo contributo che può dare la linguistica non è una soluzione, ma anzitutto una domanda : è corretto questo modello? la risposta non può non essere negativa.

L’acquisizione della capacità ortografica non è preliminare e basilare rispetto all’acquisizione di altre abilità linguistiche.’  [3]

 

 

SISTEMA

La lingua é il sistema delle possibili strutture di segni minimi. Il carattere “sistemico” della lingua impone alla linguistica di assumere   un atteggiamento “sistematico”: anche se si tratta di descrivere una unità minima, poiché descriverla comporta determinarne il valore, è necessario vederla in tutte le sue possibili associazioni oppositive ( paradigmatiche) ed in tutte le sue possibilità di  combinazione sintagmatica. Occorre considerare la parte in rapporto a quella totalità che le conferisce valore, ossia in rapporto a tutto il sistema linguistico.  [4] Ogni nuovo elemento che si inserisce nel sistema ne modifica gli altri e i rapporti reciproci sia morfologici che sintattici che semantici ( es: ‘Io ho un cappello’  ‘ Io ho perduto u n cappello’)

SELEZIONE E COMBINAZIONE

Lo sviluppo della lingua riguarda la crescente capacità dei soggetti di usare il sistema linguistico per acquisire e trasmettere dei significati. Ricerche quali quelle di E. Ferreiro e A. Teberosky sulla costruzione della  lingua scritta da parte dei soggetti nell’età infantile mostrano come lo sviluppo linguistico non sia frutto di imitazione o di insegnamento di termini, ma consista in operazioni attive quali la selezione e la combinazione di ‘parti’ di  messaggi incamerate, l’anticipazione di significato basate sulla progressiva conoscenza del mondo, la verifica di aspettative, la simbolizzazione.

La costruzione di un testo scritto costringe il pensiero a lavorare secondo una modalità tipica del lavoro con i sistemi: l’attività combinatoria e di interrelazione tra le parti. Si selezionano le parti e le si combinano. Se cambiamo selezione e combinazione, anche di poco, cambia il significato, cioè il prodotto di tali operazioni.

La rielaborazione del testo, il gioco col testo per modificarlo ottenendo altri testi è una delle operazioni più produttive e capaci di sintetizzare le varie attività linguistiche.’ [5]

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Qualsiasi testo è prodotto attingendo a un repertorio di possibili alternative fra cui il parlante/ scrivente sceglie e dalle loro possibili combinazioni in sequenze. Più alternative si possiedono più la nostra lingua è ricca varia articolata. Le nostre risorse in potenza costituiscono la competenza personale profonda, le singole espressioni/produzioni costituiscono le esecuzioni ( performances).

CODIFICAZIONE CATEGORIZZAZIONE ORGANIZZAZIONE DELLA REALTA’

Una lingua, come fu insegnato tra fine Ottocento e inizio Novecento da Charles Peirce e Ferdinand de Saussure, è anzitutto un codice semiologico, un codice cioè che, come ogni altro codice semiologico, consente a chi lo usa la produzione e la comprensione di segnali realizzate associando ordinatamente sensi ed espressioni nei significati e significanti dei suoi segni (cioè, nel caso della lingua, parole, frasi, testi).  ( De Mauro )

A tutto ciò che conosciamo dobbiamo necessariamente dare un ordine.

Il materiale e le informazioni provenienti dal mondo e dalle più vaste realtà per poter essere utile deve venire catalogato, inventariato, sottoposto a un continuo processo di riordinamento: i dati non più utili vengono cancellati o riposti in scaffali fuori mano, altri vengono raggruppati sotto una stessa intestazione; vengono stabiliti sempre nuovi collegamenti, rapporti causali, regole predittive.

Una notevole elasticità del sistema permette che gli incastri, le cerniere, i passaggi, non debbano essere di un’assoluta precisione, ma consentano un certo gioco di adattamento.

In tutti questi processi mentali, vitali per la nostra sopravvivenza, la lingua ha un posto preminente.

Gran parte delle informazioni può essere CODIFICATA nelle forme che offre la lingua. Si può cioè far corrispondere ai nuclei conoscitivi e alle loro relazioni logiche singoli segni di una lingua o sequenze di essi.

La lingua categorizza  la realtà. Ogni cultura elabora un catalogo di segni linguistici.[6]   La lingua è una delle modalità in cui prendono forma il nostro pensiero e i nostri insiemi di conoscenze, e tuttavia ha, rispetto alle altre, una posizione privilegiata. 

E’ fonte di modelli, perché è essa stessa MODELLO.

Per questo molti dei modelli di cui ci serviamo per conoscere il mondo intorno a noi hanno una base linguistica; la lingua è in realtà una META-LINGUA, un sistema per parlare del mondo.

 

 

IL NUCLEO FONDAMENTALE DI UNA LINGUA

( denominazione di oggetti, eventi, persone, fenoimeni,…)

 

–          NOMI DEI MEMBRI DELLA FAMIGLIA E RAPPORTI DI PARENTELA

 

–          NOMI DEI MEMBRI DELLA SOCIETA’, COMPITI RUOLI E FUNZIONI

 

–          PAROLE CHE INDICANO PARTI DEL CORPO

 

–          PAROLE CHE INDICANO GLI ALIMENTI, I CIBI

 

–          PAROLE CHE SI RIFERISCONO ALLA FAUNA E ALLA FLORA

 

–          PAROLE CHE INDICANO I NUMERI, LE QUANTITA’ (ORDINALI E CARDINALI)

 

–          PAROLE CHE SI RIFERISCONO A FENOMENI NATURALI E CELESTI

 

–          PAROLE CHE SIGNIFICANO ATTIVITA’ TECNICHE E LAVORATIVE E RELATIVI STRUMENTI  MESTIERI E PROFESSIONI

 

–          PAROLE CHE INDICANO MANIFESTAZIONI E ATTIVITA’ FISICHE E PSICHICHE

 

–          PAROLE CHE INDICANO SENSAZIONI ED EMOZIONI

 

–          TERMINI DI SPAZIO

 

–          TERMINI DI TEMPO

 

–          PAROLE CHE INDICANO RELAZIONI

 

L’insegnamento è enormemente facilitato dal mezzo del linguaggio, che finisce per essere non solo il mezzo per lo scambio, ma lo strumento che lo stesso discente può usare in seguito per organizzare l’ambiente.[7]

 

ALLE ORIGINI DELLE DISCIPLINE

Gli apparati  disciplinari costituiscono il sostrato su cui si costruiscono le discipline: sono costituiti da procedure, strumenti, concetti, operazioni per risolvere problemi della realtà. Ogni disciplina nasce da eventi e situazioni della realtà che stimolano a porsi domande e  ad elaborare riposte con appositi mezzi e strategie.

ECONOMIA

Ogni cultura, ogni gruppo dedica una parte delle sue conoscenze, riserva una certa quantità di memoria a un catalogo di segni linguistici che descrive il mondo biologico, i fenomeni naturali, le conformazioni dell’habitat e in particolare la fauna e la flora. Questi due regni offrono alla denominazione delle difficoltà specifiche giacché è molto alto il numero di entità che vi si possono individuare: si pone allora un problema di economia…..L’astuzia della Ragione dovrà  quindi escogitare procedimenti conoscitivamente accettabili per inventare, in un momento dato, i nomi da dare alle cose in modo che questa invenzione non si risolva in un catalogo mnemonico ma dia sempre o molto spesso un appiglio che faccia ricordare il nome e la corrispondenza con il suo referente.[8]

Le categorie linguistiche sono raggruppamenti e organizzazioni che permettono di inquadrare e definire gli elementi del mondo circostante, le parole quindi non sono etichette applicate a singoli elementi ma contenitori di oggetti, descrittori di situazioni che permettono di inquadrare ogni elemento in  gruppi più ampi. Una lingua che per ogni cosa o aspetto usasse un termine diverso sarebbe indominabile. Pe questo di parla di ‘economia’. Ma le categorie non devono diventare stereotipi e trasformarsi in pregiudizi.

parole non etichette ma categorie (‘moca’)

SIMBOLIZZAZIONE

‘Lo sviluppo intellettuale implica la crescente capacità di un individuo di dire a se stesso e agli altri, attraverso parole o simboli, quello che ha fatto e quello che farà. Questo controllo o coscienza di sé permettono i l passaggio dal comportamento puramente ordinato al comportamento cosiddetto logico

L’uso delle facoltà mentali da parte dell’uomo dipende dalla sua abilità di creare e utilizzare “utensili” o “strumenti” che lo rendono capace di ampliare i suoi poteri. il linguaggio è l’esempio ideale di  una tecnologia così potente, con l’enorme capacità che esso conferisce, non solo di comunicare, ma anche di simbolizzare la realtà, di rappresentare eventi remoti e immediati, e di compiere tali operazioni secondo regole che ci permettono sia di rappresentare la ‘realtà’, sia di trasformarla in base a norme di carattere convenzionale. il linguaggio ci fornisce il modo di orientare ed estendere l’uso dell’apparato muscolare, dei sensi e delle facoltà di riflessione.[9]

ARBITRARIETA’ CONVENZIONALITA’

 

 

 

Perché si dice ‘tre’?

L’arbitrarietà dei segni è vista da Saussure come il principio fondamentale di tutta la realtà linguistica. Essa fornisce un principio di classificazione dei sistemi semiologici ( tiri, costumanze, codici di comunicazione, linguaggi). L’arbitrarietà consente che il linguaggio verbale si realizzi secondo il principio di linearità. all’origine del carattere sintagmatico delle entità. Queste, in quanto si snodano linearmente, lungo l’asse delle successioni, possono scomporsi in segmenti semantico-significanti di minore estensione. Oppositività e sintagmaticità sono la doppia radice dell’economia della lingua. ( T. De Mauro, op. cit.)

 

NORMA E VARIANTI

Occorre sviluppare il senso della funzionalità di ogni possibile tipo di forme linguistiche note e ignote. La vecchia pedagogia linguistica era imitativa, prescrittiva ed esclusiva. Diceva: «Devi dire sempre e solo così. Il resto è errore». La nuova educazione linguistica (più ardua) dice: «Puoi dire così, e anche così e anche questo che pare errore o stranezza può dirsi e si dice; e questo è il risultato che ottieni nel dire così o così».

( GISCEL  Dieci tesi per un’educazione linguistica democratica)

“…le regole non si insegnano dall’esterno, nella loro forma astratta e morta. Si imparano, ci se ne imbeve mediante l’uso, ben prima di conoscerle…Il metodo naturale sale dalla vita normale, naturale e complessa, verso il confronto, l’esplorazione e la legge… [10]

..Si lavora per frammenti per intuizioni, ipotesi, si colgono assonanze, ritmi, ripetizioni, espressioni ‘buffe’, si accettano le soluzioni creative, imprecise, parziali, a salti…. Si accolgono le domande, si lavora per far sì che si comprenda da dove nasce la domanda, per giungere a riflessioni molto raffinate, che facilitino l’apprendimento della lingua in ogni suo aspetto. Si forma gradualmente anche la consapevolezza che la lingua è un processo inserito nei contesti storici e geografici, così come nell’esperienza vissuta e nell’esperienza in atto.” [11]

LINGUA PARLATA LINGUA SCRITTA

Le distanze di uso tra l’ambiente familiare, con bassa scolarità dei genitori, dove spesso non si parla più un dialetto,  ma  un povero italiano, e l’ambiente scolastico, sono quelle che più sembrano oggi incidere nella creazione di svantaggi. Svantaggi che si moltiplicano se la scuola si irrigidisce nello scolastichese, in un uso ristretto della norma linguistica nazionale.[12]

Abbiamo parole per vendere,
parole per comprare,
parole per fare parole.
Andiamo a cercare insieme
le parole per pensare.

Abbiamo parole per fingere, parole per ferire,
parole per fare il solletico.
Andiamo a cercare insieme
le parole per amare.
Abbiamo parole per piangere, parole per tacere,
parole per fare rumore.
Andiamo a cercare insieme
le parole per parlare.

( Gianni Rodari)

PAROLE DI PACE PAROLE DI GUERRA

Le condizioni antropologiche

Il bambino da zero anni in avanti è inserito in una comunità umana in cui cresce in un continuo interscambio di carezze, gesti, cure del corpo, nutrimento e parole. Parole che accompagnano gesti, che sottolineano domande, consensi, dinieghi, stati di gioia e di soddisfazione. Le parole crescono con il bambino e il bambino cresce con le parole usate in quel determinato posto e in quel certo tempo. Il parlato segue uno sviluppo ‘naturale’: il bambino è dentro al grande mondo dell’oralità.

Lo scrivere rompe, per la prima volta, questo tutto, la sfera di suoni, gesti, sguardi, azioni. E’ un salto antropologico.  [13]

 

ORALITA’ E SCRITTURA

Ovunque esistano esseri umani, essi hanno un linguaggio, e sempre si tratta di lingua parlata e udita, che esiste nel mondo del suono e si sviluppa nel tempo.

Nelle lingue naturali le regole sono prima usate, e solo in un secondo tempo ne può essere fatta una formalizzazione.

La scrittura, vale a dire l’affidare la parola allo spazio, amplia enormemente le potenzialità del linguaggio, ristruttura il pensiero.

Ma in tutti i mondi meravigliosi aperti dalla scrittura risiede ancora, e vive, l’espressione orale: tutti i testi scritti devono essere collegati, direttamente o indirettamente, al mondo del suono, l’habitat naturale della lingua.

Nella tradizione orale le parole sono azioni, hanno un potere magico; il suono è dinamico.

La tradizione orale è formulaica: le formule aiutano a dare ritmo al discorso e agiscono come aiuti mnemonici, frasi fatte.

L’espressione orale

  • è paratattica invece che ipotattica ( stile additivo)
  • aggregativa più che analitica ( gruppi di elementi: epiteti, termini paralleli e opposti; l’alfabetizzazione li considera ridondanza fastidiosa)
  • ridondanza ( la scrittura è processo molto lento, la velocità del discorso orale è molto maggiore, la ridondanza è favorita dall’avere un pubblico)
  • conservatrice- tradizionalista ( l’originalità narrativa non sta nel creare nuove storie ma una particolare interazione con il pubblico)
  • vicina all’esperienza umana non astratta, ‘in presenza’
  • tono agonistico, di lotta
  • enfatica e partecipativa piuttosto che oggettiva e distaccata
  • omeostatica vive in equilibrio, elimina le memorie senza più rilievo nel presente
  • situazionale, non astratta [14]: montananri analfabeti davano a figure geometriche nomi di oggetti e trovavano difficile riconoscere oggetti se denominati attraverso categorie ( es.: ‘utensili’): mentre li riconoscevano se venivano citate le funzioni degli stessi

Le condizioni dello scrivere

La scrittura, la costruzione del testo

  • esclude la comunicazione faccia a faccia
  • impone la solitudine e la distanza ( comunicare con chi è distante)
  • l’interlocutore può essere solo immaginato e non può interagire
  • impone una progettazione e una costruzione coerente
  • permette di ricostruire il passato
  • consente di sviluppare ragionamenti
  • consente di descrivere eventi e fenomeni
  • di organizzare le conoscenze
  • di rendere pubblica una comunicazione
  • di conservare il ricordo di un’esperienza
  • di modificare e migliorare prima di arrivare a destinazione

 

Scritto e parlato

Lo scritto non è trascrizione del parlato ma una sua rielaborazione in base alle specificità dello strumento scritto – mantenendone la struttura profonda di significati rielaborando in superficie con trasformazioni  sostituendo alcune modalità del parlato

‘La riflessione sulle profonde diversità di funzionamento e quindi di funzioni fra il parlato e lo scritto è totalmente assente dal quadro di nozioni di base della scuola’[15]

Se la scuola non ci lavora, di conseguenza si ha il mantenimento nello scritto di caratteristiche del parlato ( ripetizioni, ellissi, impliciti, dialettismi,…): errori o ‘inadeguatezze’?

Va curato un progressivo transfer di competenze dal racconto orale e dal discorso come unità di base dell’oralità al testo scritto come  organismo connesso e complesso.

USI E FUNZIONI

E’ necessario orientarsi in quella che Devoto definiva la ‘galassia linguistica’ ( individuale  sociale) tramite una classificazione degli usi linguistici che aiuti gli insegnanti ad osservare la comunicazione verbale degli alunni con consapevolezza delle complessità semantiche della loro comunicazione verbale.

Si usa la lingua per riferire in modo esplicito sulle esperienze vissute, passate e presenti, per ragionare in modo logico, per esprimere emozioni, per anticipare e predire l’esito di avvenimenti, per prospettare possibilità o l’andamento delle azioni, i possibili risultati o conseguenze, per identificare i problemi e riflettere sulle soluzioni, per proiettarsi nella vita e nei sentimenti degli altri, per immedesimarsi nelle situazioni di cui non si è avuta esperienza diretta, per creare scenari e giochi di fantasia e immaginazione.

Una registrazione dei processi in atto consente di selezionare le esperienze programmabili per sostenere una costruzione linguistica sempre più ampia articolata potente.

La conoscenza dei punti di partenza e la  comprensione dei punti di arrivo provvisori di ciascuno può fornire spunti alla programmazione delle attività della classe significativi per promuovere e incrementare le abilità comunicative.  Occorre quindi familiarizzarsi con tali usi e funzioni così da individuarli e  osservarli durante le attività, le interazioni, nelle produzioni,  nel rispondere  a richieste.

Joan Tough[16]  ‘analizza i seguenti usi nei discorsi di bambini:

  • Autoaffermazione
  • Orientamento e controllo
  • Collaborazione
  • Relazione su esperienze presenti e passate
  • Ragionare in modo logico ( processi, rapporti, giudizi, significati)
  • Previsione avvenimenti problemi e soluzioni alternative e conseguenze
  • Proiezione
  • Immaginazione
  • Interpretazione ( anticipare e costruire significati)

a cui aggiungere espressione e comunicazione.

Una registrazione dei processi in atto consente di selezionare le esperienze programmabili per sostenere una costruzione linguistica sempre più ampia articolata potente.

La conoscenza dei punti di partenza e la  comprensione dei punti di arrivo provvisori di ciascuno può fornire spunti alla programmazione delle attività della classe significativi per promuovere e incrementare le abilità comunicative.  Occorre quindi familiarizzarsi con tali usi e funzioni così da individuarli e  osservarli durante le attività, le interazioni, nelle produzioni,  nel rispondere  a richieste.

I soggetti sono competenti sull’uso della lingua da parte loro,  compito educativo è far diventare competenti sulla lingua in uso altrui per possedere una gamma plurale di usi funzioni significati.

Il tipo di domande dell’insegnante ha un ruolo centrale nell’influenzare le risposte e l’adozione di forme sfumate articolate esplicite. Domande di tipo ‘cos’è?’ producono risposte di tipo ‘una mela’ ‘un’auto’ che corrispondono all’uso della lingua per etichettare. Si tratta di domande ‘chiuse’ che consentono poche risposte possibili, mentre le domande interessanti sono ‘aperte’, che consentono una vasta gamma di risposte possibili ( ‘cosa pensi che succederebbe qui se…?’) e permettono di dare risposte personali.

 

CURA DELLA PAROLA 

 

COMPETENZA

I soggetti sono competenti sul loro uso della lingua, possiedono un repertorio/enciclopedia,  compito educativo è far diventare competenti sulla lingua in uso altrui per possedere una gamma plurale di usi funzioni significati e ampliare l’enciclopedia.

Competenza e giudizi del parlante

Il parlante possiede una competenza profonda  sul proprio uso della  lingua ( potenziale di apprendimento degli usi possibili della lingua)

Compito della scuola: far diventare competenti sull’uso della lingua  propria e altrui e sulla lingua in uso in vari ambiti; ampliamento della gamma  di significati usi registri codici funzioni

I giudizi che chi parla una lingua è in grado di esprimere sulle espressioni della sua lingua costituiscono i dati empirici fondamentali di una teoria scientifica della competenza linguistica’ [17]

I giudizi  del parlante nell’educazione linguistica

Metodologia di ricerca che si fonda sulla capacità dei parlanti di riconoscere se un’espressione è comunicativa/accettabile ( a quali condizioni…)/comprensibile ( anche al di fuori del contesto)/ ambigua ( si presta a più interpretazioni)/completa/ può essere rappresentata in modi diversi ( parafrasi)

Capacità che si struttura fin dalla nascita attraverso l’interazione madre- figlio[18]

Chi esprime giudizi  riflette sulla propria competenza, sulla propria rappresentazione interna dei significati di frasi e di testi.

Sottopone il contenuto ad analisi e lo integra nella propria mappa di conoscenze ( ruolo delel conoscenze nella strutturazione linguistica) = l’enciclopedia

Fare della classe luogo di valutazione dell’accettabilità, della pluralità di significati, avvicina al concetto di comunità linguistica , di ciò che i parlanti ammettono   e riconoscono, della ‘cooperazione interpretativa’ [19]

UNA POSSIBILE MAPPA DELLE COMPETENZE LINGUISTICHE

  • la competenza linguistica del parlante da ampliare e stimolare
  • le conoscenze sul mondo, sulla realtà ( l’enciclopedia profonda; il retroterra culturale)
  • la costruzione del sistema: selezione e combinazione
  • gli usi linguistici ( registri e funzioni)
  • la distinzione fra lingua ( l’italiano con tutte le sue varianti)  i linguaggi ( arte, musica, attività motoria,…)
  • le varietà della lingua sia diacroniche che sincroniche
  • l’oralità
  • la consapevolezza delle differenze fra parlato e scritto
  • conversazione interattiva: tenere conto dell’altro; di quanto è stato detto;  riordinare idee, proposte e osservazioni; intervenire, sintetizzare, argomentare, approfondire, obiettare, attendere il turno, non prevaricare, cooperare nella discussione,…)
  • la pianificazione
  • la comprensione
  • le strategie di lettura ( ipotesi, anticipazioni, inferenze: il profilo del lettore ‘avvertito’)
  • la riscrittura
  • la circolarità e l’interdipendenza fra le 4 abilità
  • le competenze semantiche ( la costruzione dei significati), pragmatiche ( la lingua per fare),

logiche ( ruolo euristico delle domande), sintattiche ( il ‘sistema’ linguistico)

       IL RUOLO DELLA SCUOLA

  • EDUCARE A CAPIRE
  • EDUCARE ALLA LINGUA PER PENSARE
  • SVILUPPO DELL’ASSE LINGUISTICO SUL PIANO COMUNICAIVO-LOGICO-ESPRESSIVO
  • RICONOSCERE CHE IL SOGGETTO CHE ARRIVA NELLA SCUOLA HA UNA STORIA E UN BAGAGLIO LINGUISICO E CONOSCITIVO PREGRESSO CHE DEVE ESSERE CONOSCIUTO E RISPETTATO PER POTER ESSERE AMPLIATO E STIMOLATO E NON RIGIDAMENTE ORIENTATO VERSO UN UNICO MODELLO
  • RIFERIRSI A UN’IPOTESI DI PARLANTE/SCRIVENTE/LETTORE IN GRADO DI UTILIZZARE LA LINGUA NEL MAGGIOR NUMERO DI REGISTRI E DI VARIETA’

POSSIBILI IN RAPPORTO ALLE DIVERSE SITUAZIONI COMUNICATIVE E ALLE FUNZIONI DA ESSE RICHIESTE

STIMOLARE UN ATTEGGIAMENTO SCIENTIFICO ED ATTIVO DI RICERCA E STORICIZZAZIONE VERSO LE PRODUZIONI LINGUISTICHE PROPRIE E DI ALTRI

  • REVISIONE DEL CONCETTO DI ‘NORMA’ E DI ‘ERRORE’
  • LA RIFLESSIONE LINGUISTICA DA ATTIVARE NELL’AMBITO DI UN PROGETTO RELATIVO ALL’AUMENTO DELLA COMPETENZA LINGUISTICA DEI RAGAZZI
  • RIMOZIONE DEGLI OSTACOLI ALLA PARTECIPAZIONE DEI RAGAZZI ALLA VITA SOCIALE E AL POSSESSO DI UNA STRUMENTAZIONE LINGUISTICA ADEGUATA ALLE NECESSITA’ ODIERNE
  • FORMARE STRUMENTI CONCETTUALI ATTI A COMUNICRE LE PROPRIE OPINIONI, I PROPRI BISOGNI E STATI D’ANIMO, PER FARSI CAPIRE, PER DECODIFICARE IL LINGUAGGIO DELLE COMUNICAZIONI FORMALI  INFORMALI, DEI MEDIA, DELLE ISTITUZIONI E L’ACQUISIZIONE DEI CONTENUTI CULTURALI SPECIFICI DEI VARI INSEGNAMENTI E FORMARE IL GUSTO, IL PIACERE, L’ABITUDINE ALLA LETTURA E ALLA SCRITTURA ( ABILITA’ DI PRODUZIONE E DI COMPRENSIONE)
  • PREVEDERE SPAZI PER L’USO LIBERO DELLA LINGUA E SPAZI DI RIFLESSIONE E CONCETTUALIZZAZIONE
  • SELEZIONARE ESPERIENZE CULTURALI NEL CAMPO DELLA COMUNICAZIONE LINGUISTICA (  INTERVISTE, DISCUSSIONI SULL’ATTUALITA’, RACCONTI, RELAZIONI DI ATTIVITA’, PROGETTI PER ATTIVITA’ FUTURE,…)
  • ADOZIONE DI UN MODELLO COERENTE DI GRAMMATICA ( GIUDIZI DEL PARLANTE, SCOPI, PREDICATI ED ARGOMENTI)

 

PENSIERO RIFLESSIVITA’

La lingua  non si presta a una banale ripetizione, in quanto essa richiede interventi intenzionali,  permette di trasmettere le idee e le informazioni fra le persone. Essa fornisce il mezzo attraverso il quale esprimere il pensiero. L’esperienza di condividere con altri utenti il mezzo influenza il modo personale di servirsi della lingua ma ancor di più il modo di pensare e il tipo di interpretazione che i soggetti danno delle loro esperienze.

 

DISCRIMINAZIONE

 

ESPLORAZIONE COMPRENSIONE

L’atto di lettura

Nell’atto di lettura l’occhio non si muove spostandosi da un segno al successivo per costruire una somma lineare di elementi, ma esplora  le righe del testo o gli elementi della parola muovendosi avanti e indietro alla ricerca di segni che permettano di confermare o smentire le ipotesi suggerite dall’aspettativa sul significato. La ricognizione sugli elementi del testo sarà più frequente nei primi tempi, per attenuarsi diventando, nel lettore esperto, una veloce conferma o verifica del già intuito.[20]

Gioco di anticipazioni, ipotesi, inferenze. [21]

LA RICERCA DEL SIGNIFICATO

L’attenzione va sempre e comunque, prioritariamente, al significato… anche quando non c’è.

Le conoscenze, i referenti.

La ghianda e il guardiano di porci.

‘Schiacciare un pisolino’

 

CONNESSIONE

anafore catafore deissi coerenza e coesione

PIANIFICAZIONE

sistema gerarchico  tutte le azioni per cuocere la pasta per lavarsi i denti ( Manzi)

ORDINE E GERARCHIA

giocare sui tempi espansioni contrazioni

sull’ordine delle informazioni  barzellette

 

AZIONE SU REALTA’ (SCOPI) PRAGMATICA

lettera ragazzi terza media

INFERENZE E PRESUPPOSIZIONI

COMUNICAZIONE

La vecchia didattica linguistica era dittatoriale. Ma la nuova non è affatto anarchica: ha una regola fondamentale e una bussola; e la bussola è la funzionalità comunicativa di un testo parlato o scritto e delle sue parti a seconda degli interlocutori reali cui effettivamente lo si vuole destinare, ciò che implica il contemporaneo e parimenti adeguato rispetto sia per le parlate locali, di raggio più modesto, sia per le parlate di più larga circolazione.  (Dieci Tesi per l’Educazione Linguistica Democratica paragrafo 8)

 

EQUIVOCI COMUNICATIVI

ESPRESSIONE

parlare/scrivere di sé  degli altri  del mondo  inventare realtà

scrittura e libera espressione come ‘risarcimento’

scrittura  collettiva

LA GRAMMATICA VALENZIALE

La grammatica valenziale è un modello grammaticale che parte dalla frase come struttura sintattica costruita attorno al significato del verbo. Recentemente è stata segnalata in modo indiretto dalle Indicazioni per il primo ciclo (2012) e dal Quadro di riferimento Invalsi. Ha il vantaggio di dare subito un’idea organica di frase, idea particolarmente intuitiva anche per i bambini della scuola primaria. Ne deriva una diversa definizione di “frase minima” che deve comprendere non solo soggetto e predicato, ma anche gli eventuali altri argomenti obbligatori del verbo.

Idea della frase come struttura unitaria in cui le “parti” si legano in rapporti reciproci.

Evidenza data a parole “invisibili” come i pronomi.

La terminologia è solo in parte stabilizzata (in Sabatini i “circostanziali” originari sono diventati “espansioni”, con l’introduzione della nuova categoria dei “circostanti del nucleo” cioè i modificatori del nome).

Per un’applicazione alla scuola primaria vedi la dispensa (con materiali didattici dalla classe I alla V): Miserotti-Cavalca, Il piacere della grammatica, Bonomi 2016

Per le superiori v. GrammaticaNuova ed. Bulgarini 2010

Sulla grammatica valenziale l’Indire ha messo on line un percorso di formazione per insegnanti, ideato dal prof. Francesco Sabatini, composto da un’unità teorica e da una serie di percorsi didattici da sperimentare in aula: es di due percorsi: “Circostanti del nucleo” e “Nucleo della frase II: verbo predicativo con argomenti di tipo frasale. Le completive”. (vedi il progetto in Scuola valore a cura di Indire)

( si veda la coppia  predicato-argomenti di Parisi con l’eliminazione della priorità gerarchica del ‘soggetto’ considerato alla pari degli altri ‘argomenti’ del predicato )

GIOCO LINGUISTICO [22]

 

( or/vieto   or/permetto)

esercizi di stile

repertorio oggetti inutili

 

TRAMA E ORDITO UNA PEDAGOGIA DELLA  NARRAZIONE

l’arazzo di Bayeux 70 m. di storia con immagini e parole

 

 

PAROLA STRUMENTO DI POTERE

LEGGERE E’ UN ATTO POLITICO

VALUTAZIONE

Nell’effettuare la valutazione dell’uso della lingua si guarda al tipo di significati  che i soggetti sono in grado di esprimere utilizzando la lingua.

Sta qui la parte importante del lavoro: come distinguere i diversi significati riflessi nelle comunicazioni verbali dei singoli? Come scoprire la gamma di significati per esprimere i quali i soggetti si servono della lingua?    ( v. usi)

  • Nell’apprendimento linguistico, a differenza che in altri ambiti disciplinari, gioca poco la volontà di apprendere del soggetto ( lo SVILUPPO LINGUISTICO e gli INPUT SOCIO-CULTURALI non dipendono da atti di volontà)
  • Fra tutti gli apprendimenti scolastici, quello linguistico è quello in cui la scuola gioca e interviene solo in piccola percentuale ( ruolo dei condizionamenti socio-culturali)
  • L’apprendimento linguistico è progressivo e circolare, non è lineare e cumulativo
  • L’apprendimento dipende dal contesto e dal clima di classe
  • L’apprendimento è frutto di maturazione e di costruzione progressiva, non di modelli esterni ( ogni nuovo termine non è un’etichetta che si aggiunge, ma comporta una ristrutturazione complessiva del sistema) Il linguaggio è legato alla maturazione del pensiero e alle capacità logiche.
  • La concezione della NORMA e dell’ERRORE da parte dell’insegnante è determinante per definire il modo di accompagnare, che non vuol dire correggere
  • La concezione della LINGUA da parte dell’insegnante è determinante ( quale idea di lingua parlata e lingua scritta e della loro interazione reciproca, quale idea di modello o di stimoli….)
  • Si lavora non su apprendimenti normativi ma sulla COSTRUZIONE DI COMPETENZE  che non sono confrontabili perché qualitativamente diverse; COMPETENZE IMPLICITE CHE VENGONO VIA VIA SVILUPPANDOSI ED ESPLICITANDOSI SE IL SOGGETTO SI SENTE IN GRADO DI VALUTARE EFFETTI E FUNZIONI DELLA COMUNICAZIONE
  • L’apprendimento è socio-costruttivo, il significato non è conquista e possesso solo del singolo ma viene convenzionato nella comunità linguistica e si gioca nel contesto
  • Il significato non è nel testo ma nella testa di chi lo costruisce ( ruolo delle rappresentazioni mentali) e lo negozia con altri
  • il piano del testo’ si conquista entro i 18 anni su base di opportuni stimoli

( R. Simone)

PROPOSTE DI STRUMENTI DI OSSERVAZIONE

Le competenze macro e micro elencate di seguito non sono assolutamente prescrittive ed esaustive, ma vanno considerate come repertori a cui si può attingere assumendoli e selezionandoli nella propria ricerca e programmazione nel lavoro di contestualizzazione e di mediazione didattica.

Vanno considerate stimoli aperti e utili per valorizzare le scelte individuali e/o di gruppo.

 

MACROCOMPETENZA SEMANTICA-PRAGMATICA ( lingua come sistema di segni per trasmettere significati e produrre azioni)

  • uso della lingua per classificare oggetti, azioni e situazioni  (Vygotskji) ; classi e confini fra le classi ( fino a che punto tutta una serie di mobili sono sedie e da che punto in poi sono altro, poltrone, sgabelli, tavoli,…)
  • elaborazione dell’esperienza sensoriale ( funzioni di base: percezione, memoria, rappresentazione, discriminazione,..)  (Piaget)
  • come verificano  il significato ( quali ipotesi sul significato delle parole)
  • rappresentazioni mentali di significati
  • ruolo dell’errore come indizio di procedimenti di ricerca/ipotesi/ tentativi di generalizzazione
  • costruzione dei concetti attraverso la lingua ( generalizzazione e categorizzazione)
  • le strutture logiche (Piaget)
  • economicità del codice linguistico per esprimere significati complessi ( anche in assenza di ‘appoggio’ su oggetti ed elementi materiali), far riferimento ad eventi trascorsi, anticipare eventi futuri
  • uso lingua come  strumento di organizzazione delle informazioni e come scambio e trasmissione di informazioni
  • interazione con gli altri come contributo a stimolare azioni, a conferire ad esse valore, a socializzare il pensiero  (Vygotskji)
  • uso della lingua per attirare l’attenzione su ciò che l’adulto ritiene importante e significativo come aiuto a guardare il mondo in una data prospettiva, ad adottare atteggiamenti nei confronti delle persone, dei fenomeni naturali degli avvenimenti, dell’uso di libri e strumenti
  • curiosità, interesse, motivazione
  • funzione direttiva della lingua: uso lingua per controllare e dirigere le proprie azioni (Lurjia)
  • linguaggio interiore: parlare a se stesso per tenere sotto controllo l’azione propria e altrui, , far propria la sequenza
  • il potenziale linguistico del soggetto: le sue  competenze profonde ( ‘l’enciclopedia’)
  • aspetti semantici:  accettabilità, pluralità di significati di uno stesso termine o frase ( ambiguità), parafrasi come pluralità di formulazioni di uno stesso pensiero o frase, completezza o incompletezza di un enunciato linguistico: su ciascuno di questi aspetti i soggetti possono/sanno  emettere dei giudizi in base a loro competenze, al contesto, ad opportuni stimoli, all’interazione nel gruppo classe
  • consapevolezza che il registro parlato e quello scritto non servono a dire le stesse cose

ma cose diverse in modi diversi [23]: consapevolezza delle differenze parlato scritto

  • cogliere la rete di conoscenze sottostante ad ogni tipo di testo
  •  gli scopi e la loro gerarchia nell’organizzazione del testo
  • gamma di trasformazioni linguistiche possedute dal soggetto: affermazioni, negazioni, interrogazioni, esclamazioni, da attivo a passivo e viceversa ( duttilità di uso)

 

MICROCOMPETENZE- ESECUZIONI  ( attraverso la raccolta di campioni significativi della  produzione parlata e scritta)

  • padronanza del sistema linguistico: selezione e combinazione; capacità di sostituzione con sinonimi nel caso di ripetizioni di termini
  • ampiezza degli enunciati linguistici ( numero di termini per frasi o enunciati)
  • frequenza d’uso di categorie linguistiche ( tipi di parole: sostantivi, verbi, pronomi)
  • concordanze
  • complessità enunciati
  • varietà lessicali e frasali
  • consapevolezza della traduzione degli aspetti prosodici e paralinguistici ( intonazione, ritmo, timbro, altezza, espressioni del volto,…)  del codice orale nello scritto ( la punteggiatura)  [24]

 

COSA OSSERVARE

 

  • l’uso sociale della comunicazione verbale parlata e scritta ( quali situazioni sociali predisponiamo)
  • la produzione dell’espressione verbale, che comprende la maturità delle strutture linguistiche
  • gli scopi della comunicazione verbale

 

Come valutare le capacità di uso linguistico dei soggetti ( un quadro del bambino: cosa è in grado di fare usando la lingua e cosa ancora non è in grado di fare)

Valutare per aiutare  ad approfondire idee ed esperienze, per promuovere l’ uso della lingua

e le competenze comunicative

Valutare non è misurare, ma essere consapevoli di e riconoscere quanto il bambino fa con la lingua.

Fare una valutazione =  evidenziare  ciò che il bambino dimostra di poter fare con la lingua in una serie di situazioni particolari. E quali competenze di base già possiede, mettendolo nelle condizioni per esplicitarle.

 

COME OSSERVARE: TECNICHE DI OSSERVAZIONE[25]

 

  • Concentrare l’osservazione ad intervalli regolari e in attività diverse su uno o due bambini per mezza giornata alla volta ( osservazione per campionamento) così da individuare necessità di aiuti particolari
  • Annotare in che misura e quando il bambino parla in classe ( quando entra in classe; quando cerca aiuto; quando litiga; quando gioca con gli altri; quando chiede di fare qualcosa; quando si coinvolge e interviene in una conversazione; se parla prevalentemente con l’adulto o con i compagni
  • quando sente bisogno o desiderio di scrivere ( da solo; in gruppo)
  • cosa sceglie di leggere
  • quando e se rileva/scopre fenomeni linguistici e difficoltà/anomalie nella comunicazione
  • se sa auto correggersi
  • se si interroga sui significati e usa strategie per la comprensione ( in riferimento al contesto; per inferenza; per confronto o contrasto; esplorando il testo, anticipando dei significati per ipotesi e scorrimento rapido e rilevando connessioni; discutendo e negoziando i significati )

( raccogliere 5-6 campioni per almeno alcuni dei suddetti  comportamenti)

Annotare prendendo appunti o registrare. Lo scopo è individuare stili e strategie personali e necessità di aiuto.

Metodi di annotazione in situazioni informali  o strutturate:

1.tipo diario su un foglio o rubrica con riportato nome bambino/a e data della rilevazione

si può anche stilare un elenco dei punti da osservare ( da solo/in gruppo; momento della giornata; uso di materiali; tipo di umore del bambino; sua disponibilità

  1. con promemoria organizzato in colonne sui punti da osservare ( ora, attività, caratteristica della comunicazione verbale, del comportamento, scelta di un campione di produzioni registrate o scritte)
  2. PROFILO DELL’USO LINGUISTICO: tre colonne: partecipazione alle attività della classe; usi linguistici ( produzione e comprensione) con gli altri bambini, usi linguistici ( produzione e comprensione) con l’adulto; quando si scrive una rilevazione si segna l’ora e la data
  3. Più complessa e raffinata: griglia di analisi degli usi linguistici:

– per autoaffermarsi: affermare i propri bisogni e diritti, proteggersi, giustificare il comportamento, criticare, narrarsi,…

– per orientare la propria attività e quella altrui ( controllare, orientare le azioni, collaborare)

relazionare sull’esperienza passata e presente ( individuare gli elementi di una situazione, cogliere i particolari, raccontare episodi, cogliere relazioni, cogliere la successione degli avvenimenti, fare confronti, in un testo cogliere il significato centrale, riflettere sul significato delle esperienze, comprese le proprie sensazioni)

logica delle situazioni e dei problemi ( spiegare un processo, individuare relazioni di causa, individuare problemi e loro soluzione, porre domande, distinguere fra probabili- possibili- improbabili- impossibili,  giustificare giudizi e azioni, riflettere e trovare conclusioni, individuare regolarità)

predire e anticipare le possibilità e le alternative possibili, predire le conseguenze delle azioni e degli eventi

proiettarsi nell’esperienza degli altri ( esperienze, sentimenti, reazioni, situazioni non sperimentate in precedenza )

inventare, immaginare ( basandosi su situazioni della vita reale; sulla fantasia; elaborazione di storie originali)

Si possono classificare produzioni linguistiche e usi inserendoli in una griglia assegnandoli a una delle suddette funzioni ( es.: il bambino che scrive il biglietto ‘Caro Babbo Natale, non voglio crescere’ = auto affermarsi; invenzione di una storia su un disegno: ‘C’è una strega e quello è il suo gatto’ = relazionare;…). Utile soprattutto per le registrazioni.

Non si può prendere nota di tutto, ma quando ci si accorge che certi usi non sono sviluppati a sufficienza, si può intervenire con stimoli concentrandosi su quelli.

In ognuno dei metodi  è importante fare una sintesi dopo un certo numero di osservazioni. La sintesi deve mettere in evidenza le caratteristiche predominanti del comportamento del bambino ( per es. che non parla mai con qualcuno o che parla solo con qualcuno o che legge a voce alta trascinando la voce  in modo meccanico o che nei suoi testi compaiono interferenze de parlato,…). Idem se si sono registrati monologhi, conversazioni, discussioni,… Dalla sintesi dovrà emergere per quali scopi usano la lingua, il tipo di informazione contenuta nella comunicazione. La finalità  è ottenere un quadro globale ovviamente dei bambini che risultano più problematici ( instabilità, deconcentrazione, aggressività,… aspetti che interferiscono in un ‘buon’ uso linguistico)  o interessanti per le scoperte e le proposte.

E’ interessante altresì rilevare la forma dell’espressione verbale adulta verso cui il bambino tende in quanto la interiorizza come modello sia parlato che scritto.

Così per verificare problemi di comprensione è importante leggere racconti e libri a piccoli gruppi o alla classe ( coi bambini più piccoli uso di figure, libri illustrati). I sussidi, gli strumenti usati come stimolo per la scrittura o per la lettura sono utili se possono essere usati per farsi un quadro della gamma degli usi linguistici cui i bambini fanno ricorso anche in relazione allo sviluppo delle funzioni su-elencate.

Racconti, libri illustrati, libri documentari sono utili perché permettono  di sviluppare un dialogo bambino- adulto e l’ascolto dell’insegnante.

Un ruolo importante hanno le domande poste dall’insegnante che hanno una funzione euristica.

Domande aperte: ‘Cosa pensate che potrebbe succedere?’

Se le domande sono del tipo: ‘Cosa vedi?’ ‘cos’è quello?’ la risposta sarà ‘una mela’: è un uso povero della lingua, si limita a etichettare.

E’ invece produttiva una domanda come: ‘Cosa pensi che l’uomo potrebbe dire?’ ( ad esempio durante la lettura di un racconto).

 

 

 

 

 

APPENDICE

TRACCE PER UN POSSIBILE CURRICULUM DI ED. LINGUISTICA

 

PIANI DELLA LINGUA E COMPETENZE DA SVILUPPARE

PERIODIZZAZIONE NEI CICLI

 

IL SISTEMA LINGUISTICO ( v. modello di lingua; De Mauro )

le interrelazioni fra gli elementi  e i livelli di uso e di rappresentazione  della lingua

( semiologico, semantico, pragmatico, sintattico, morfologico, lessicale, fonologico

– il livello personale

il livello sociale-

 

 

LA SELEZIONE E LA COMBINAZIONE

come operazioni fondamentali sulla lingua

 

 

 

 

 

 

 

LA COMPETENZA DEL PARLANTE

( orale)

 

 

 

 

 

 

CONTESTUALIZZAZIONE

 

 

LA SEMIOTICA:   il triangolo della significazione

SIGNIFICANTE, SIGNIFICATO, REFERENTE

ARBITRARIETA’ E CONVENZIONALITA’ DEL CODICE  ( v. De Mauro/Saussure)

LA COMUNICAZIONE

 

 

DA COSA E’ FORMATA LA LINGUA

(v. CARDONA)  IL NUCLEO FONDAMENTALE  ( i sistemi linguistici come categorizzazione della realtà, modi di organizzare e rappresentare il mondo)

Sostantivi    personaggi  epica

Aggettivi     lirica           sentimenti

Verbi           dramma       eventi

( v. Cardona il nucleo fondamentale lingua)

 

 

PARLATO E SCRITTO  le condizioni antropologiche ( v. Malfermoni)

parlato, scritto, codici artistici, segnico-grafici, corporei, plastici ( TRANSCODIFICAZIONE)

Dal parlato in situazione (implicito) al parlato extrasituazione ( esplicito) come premessa allo scritto pianificato ( cfr. L. Lentin)

Differenziazione parlato scritto, caratteristiche dei due codici  ( v. W. Ong)

 

LA PROSPETTIVA TESTUALE

( RICORRENZA   E CO-REFERENZA)

(COERENZA E COESIONE)

cos’è testo e cos’è frase

i’ sinonimi’ ( coreferenti)

TIPI DI TESTI

Il testo narrativo e progressiva estensione ad altre strategie testuali ( Perec: parlare di sé, degli altri, del mondo, creare e immaginare)

 

LA PIANIFICAZIONE piani di azione nella relatà e della lingua e scopi/meta  v. R. Simone)

SEMANTICA

i giudizi di accettabilità ( combinazioni) metodologia di ricerca sui significati

le macchine operatrici per trasformare

i giudizi di       ambiguità     ( più significati)

i giudizi di parafrasi       ( più rappresentazioni di un  significato)

modello semantico Parisi Castelfranchi

 

 

SINTASSI

La grammatica valenziale  ( cfr. Sabatini)

Il giudizio di incompletezza

Il nucleo predicato-argomenti

PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE

 

– scopi, sovrascopi, mete, impliciti inferenze e presupposizioni: titoli e sottotitoli, sacchetti delle informazioni gli impliciti

MORFOLOGIA

Le macchine operatrici (S-P  M-F   PPF…)

Trasformazioni come operazioni del pensiero

 

 

IL LESSICO   – I CAMPI SEMANTICI

Le conoscenze del e nel testo

Le presupposizioni

 

 

 

LE STRATEGIE DI LETTURA

Da lettura inventariale a lettura approfondita

( da personaggi luoghi tempi a sintesi: verso la nominalizzazione)

IL LINGUAGGIO FIGURATO

LA METAFORA- LA CREATIVITA’- I GIOCHI LINGUISTICI

L’IRONIA

 

Intero percorso primo ciclo istruzione e biennio secondaria superiore un’organizzazione sistemica

 

 

 

 

 

 

——————————————————–

Potenzialità della lingua di produzione di infinite frasi. Agire su questa potenzialità facendola emergere fornisce un supporto alla  costruzione della lingua in uso e una miglior conoscenza dell’uso della lingua. Fondamentale per un approccio alla lingua scritta non sommativo e basato su elementi slegati ma su operazioni selettive e combinatorie ( la competenza alla base dell’esecuzione)

Fare riferimento cosante alla riflessione e ai meccanismi mentali di riconoscimento di regolarità, pertinenza, comunicatività  dei messaggi ( mappa enciclopedica dei soggetti come termine di confronto e negoziazione dei significati)

Abilità trasversale dell’ intero percorso, dall’oralità alla scrittura alla lettura alla  riflessione

I significati, da dove vengono, perché ‘si dice così’, storia dei sistemi di segni e della scrittura

( primi due anni primaria, da riprendere sc. sec. I° grado)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jakobson, modello  di comunicazione : elemento di verifica costante da tener sempre presente; modello da formalizzare dalla classe terza in poi

 

rapporto con l’area storico-sociale: lingue e culture (dalla classe terza)

 

 

 

 

 

 

 

Giochi  di contestualizzazione e riconoscimento delle situazioni dalla classe prima, fino alle interviste, alle storie di vita, all’analisi del  parlato TV e filmico negli anni successivi

Trascrizioni

 

 

 

 

 

dalla classe seconda lavoro sui testi: piani e scopi del testo, struttura testuale;  ( R. Simone: la conquista del piano del testo prosegue fino ai 18 anni)

 

dalla classe terza  lavoro sulle strutture  e le strategie del testo narrativo, vedi sopra

Manipolazione di testi, riscritture, cloze test, lipogrammi

 

 

 

 

giochi sull’accettabilità da classe prima con oggetti e immagini e poi con frasi e testi , fino a classe terza- quarta ( giochi di relazioni abbinamenti accettabili/  non accettabili; gradi diversi di accettaiblità/ inaccettabilità;  trasformazioni)

 

 

 

 

 

 

da classe terza l’incompletezza e la ricerca sui predicati; costruzione di uno schedario dei predicati ( fino al compimento primo ciclo istr. )

 

da classe quarta in poi- la lingua come azione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

dalle parole trasparenti alle parole opache

(Vygotsky)

da metà prima e seconda in parallelo con accettabilità

 

sempre all’interno di testi da leggere, dalla classe seconda

 

 

dalla classe seconda in poi

 

 

 

A livello visivo e grafico e a livello scritto ( poesia, collages di immagini e di parole,…)

( dalla classe seconda-terza)

 

‘Un sorriso stampato’

LE INDICAZIONI NAZIONALI v. PPT
VALUTAZIONE O ACCOMPAGNAMENTO PROCESSI? v. ‘valutare la lingua’ v. osservazione

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

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  1. g) L’EDUCAZIONE LINGUISTICA DEMOCRATICA

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  3. Lugarini ( a cura di) ‘Valutare le competenze linguistiche’ F. Angeli, Milano, 2010

 

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[2] Erasmo da Rotterdam, ‘Elogio della follia

[3] T. De Mauro, ‘Scuola e linguaggio’ Ed. Riuniti, 1977

 

[4] T. De Mauro, introduzione al ‘Corso di linguistica generale’ di F. De Saussure

[5]  B. Malfermoni ‘Educare alla parola’ ed. Junior Bergamo 2005

[6] G.R.Cardona ‘La foresta di piume. Manuale di etnoscienza’  Bari, Laterza, 1985, PP.128-132

[7] J.S. Bruner ‘Verso una teoria dell’istruzione’, Armando, Roma, 1967

[8] Giorgio Raimondo Cardona ‘‘I sei lati del mondo. Linguaggio ed esperienza’, Laterza, Bari, 1985

[9] J.S. Bruner, op. cit.

[10] Célestin Freinet, ‘L’apprendimento della lingua secondo il metodo naturale’, La Nuova Italia, 1971

[11] Grazia Ursini, ‘In viaggio con le parole’, Cooperazione Educativa n. 4/ 2008

[12] T. De Mauro ‘Distanze linguistiche e svantaggio scolastico’ in A. Colombo, W. Romani- a cura di- ‘E’ la lingua c he ci fa uguali’ Firenze, La Nuova ITALIA, 1996

[13] B. Malfermoni, op. cit.

[14] Lurjia  ‘Storia sociale dei processi cognitivi’, Firenze, Giunti,

[15] F. Sabatini intervento alla giornata sul trentennale delle 10 tesi 2005 in….. A. Colombo ( a cura di)    ….   Angeli,

[16] J. Tough, ‘Ascoltare i bambini quando parlano’, Emme Edizioni, Milano, 1979

[17] D. Parisi ‘Per un’educazione linguistica razionale’  Il Mulino, Bologna, 1979

[18] J.S. Bruner ‘Il linguaggio del bambino’ Roma, Armando,

[19] U. Eco ‘Lector in fabula’ Milano, Bompiani,…

[20] B. Malfermoni, ‘Educare alla parola’, op. cit.

[21] J. Foucambert, ‘Come si diventa lettori’, Milano, Emme, 1979

[22] V. s. Bartezzaghi e altri ‘Anzi Quéneasu’

[23] M. K. Halliday , ‘Lingua parlata e lingua , . La Nuova   Italia, Firenze, 1992

[24] M. K. Halliday, op. cit.

[25] J. Tough, ‘Ascoltare i bambini quando parlano’ Emme, Milano, 1979